Mio padre era quasi stordito dalla paura, mentre io saltavo su e giù per la gioia. Ma il resto di loro
All’epoca ero molto giovane. Avevo circa due anni. E molto spesso uno dei miei genitori non aveva altra scelta che portarmi con sé al lavoro.
Così papà ispezionava i soldati e io, in qualche modo, mi trovavo sotto i piedi. Così sono sgattaiolata da qualche parte nel cortile. Come mi raccontarono in seguito i miei genitori, mio padre mi trovò vicino a un canile quando un negro caucasico scoperto a caso mi venne incontro. Non si può dire come sarebbe andata a finire questa storia, ma come se dal nulla fosse cresciuto tra noi un gatto di nome Baska. Stranamente questo fece sì che Negus rallentasse e camminasse obbediente verso di me.
Uno “shabaka” così vivace era una gioia da prendere. Capelli arruffati! Orecchie corte! Una lingua bavosa che fuoriesce! Com’era piacevole muoverlo con le mani e tirarlo in diverse direzioni! Il padre si bloccò, temendo di provocare la bestia. I bambini non sempre capiscono il pericolo. Ma il resto di noi… Padre è quasi diventato grigio dalla paura. Mi sono quasi pisciato addosso dalla gioia. Il cane è stato quasi investito dal conduttore. Il conduttore del cane è stato quasi investito dal capo della polizia. E il gatto si è quasi… E il gatto si è seduto accanto a noi ed è passato oltre.
Si è scoperto che vive con i cuccioli. E tutti questi Irbis, Baikal, Negus e Mukhtar si divertivano regolarmente con lei quando erano piccoli. E la considerano, se non una madre, certamente un’insegnante. E viene fatto in modo che i cani non siano distratti dai gatti di turno e da altri animali.
Durante le visite successive abbiamo sicuramente visitato sia Baska che Negus. Lo abbiamo nutrito con ogni sorta di bocconcini. Non ne era felice, come dovrebbe essere nell’esercito. Lo dava per scontato. Le piaceva mangiare qualcosa di buono, giocare con me. Anche sedersi tra le mie braccia. Mio padre chiese al Maggiore di darcela, ma lui non acconsentì, sostenendo che allevare una simile proprietà militare era pesante. Ma un giorno mi ha richiamato lui stesso. L’unità fu sciolta e potemmo prendere la Baska.
I tempi erano duri per i militari e la nostra Baska si stabilì da mio nonno a Mosca. Anch’io. L’appartamento non era un posto di frontiera, ovviamente, ma lei era indipendente. È uscita da sola. È tornata a casa da sola, aspettando pazientemente che qualcuno le aprisse la porta. Aveva un modo di fare da cane. Se andavo a fare una passeggiata in giardino, lei camminava accanto a me. Correre a destra e a sinistra, ma vicino. Non considerava il collie del nonno un cane. Avrebbe potuto portarlo a spasso da sola se la gente non si fosse intromessa. Con il loro consiglio. La sua autorità tra i cani da cortile crebbe a dismisura. Un paio di musi graffiati di “lupi” da interno hanno rapidamente messo i puntini sulle i.
Credo che abbia anche cercato di non mutilarli. Perché è facile storpiare gli occhi con gli artigli sul muso e il sangue esce solo dalle orecchie e dal naso. Lunga o breve che sia, la vita di un gatto è breve. L’ho seppellita io stesso. Nello stesso cortile, sotto un grande castagno. Anche se non era umana, ho pianto. Come un amico. A volte la sogno ancora. E’ tutto.
Pensi che questa sia la fine della storia? Non lo è! Ogni volta che andavo a trovare il nonno, mi ricordavo di Baska. La strada per la discarica passava accanto alla sua tomba. E poi un giorno… mi hanno incontrato lì. No, non gli hooligan. Anch’io sono stato un bullo. Cani. Quattro bastardi, ringhiando sommessamente, mi hanno bloccato la strada di casa. Vicino alla tomba di Baska. Ancora oggi non capisco da dove venissero e quali fossero le loro leggi che avevo infranto, ma anche un sacchetto di rifiuti nelle mie mani non lo era più. Mi allontanai involontariamente dall’albero. Il vento frusciava nella sua corona. Alcuni uccelli notturni o insetti hanno cinguettato tra le foglie. C’era una grande città a poche centinaia di metri, e qui… E poi accadde l’imprevisto. Sia per me che per i cani. Una leggera folata di vento…
Fu una leggera folata di vento a lanciare un ramo secco simile a una bacchetta da un albero ai miei piedi. Come un dono del destino. Che ho subito colto. No, non mi sono precipitato verso i cani. Non li ho inseguiti per tre isolati finché non li ho spogliati della loro pelle. È stato lo stesso che con il Negus. Immediatamente l’aggressività canina sparì. Abbassarono la testa e scomparvero silenziosamente nell’oscurità della notte estiva. Non mi mossi, rimasi sotto l’albero e ancora una volta le lacrime mi scesero sulle guance.
Si può dire coincidenza! Ma io dico che coloro che abbiamo amato e che ci hanno amato vegliano su di noi da lì e cercano di aiutarci. Per quanto vogliano e per quanto sia consentito a loro e a noi…
Fonte: killtime.su
Ti piace questo articolo? Condividi su Facebook: